I biosensori rivoluzionano la gestione della salute delle piante

I biosensori rivoluzionano la gestione della salute delle piante

I biosensori rivoluzionano la gestione della salute delle piante

13-feb-2025 10.02.09

I biosensori possono rafforzare le piante rilevando tempestivamente segnali di stress, rallentamenti nella crescita o minacce imminenti di malattie e funghi. Sebbene l’uso di questi sensori sia ancora agli inizi, il loro potenziale è enorme. Quando viene rilevata una minaccia, diventa fondamentale ottimizzare i fattori di crescita e il clima di coltivazione. In questo processo, il sistema AirFlow di ErfGoed svolge un ruolo chiave.

L'importanza della resistenza delle piante sta guadagnando sempre più attenzione, soprattutto a causa della progressiva riduzione dei prodotti fitosanitari disponibili e della crescente necessità di pratiche agricole più sostenibili. Secondo Linda Nooren, ricercatrice presso Delphy, i biosensori possono svolgere un ruolo essenziale nel rafforzare la resistenza e la salute delle piante. "Questi sensori misurano direttamente la pianta per individuare eventuali problemi", spiega. "Fino ad ora, le misurazioni venivano effettuate principalmente nell'ambiente della serra; il passo successivo è analizzare direttamente le piante. Grazie ai biosensori, è possibile rilevare in anticipo lo stress o le anomalie nella crescita, riducendo così il rischio di malattie e infezioni fungine. Se queste informazioni sono disponibili per tempo, si può intervenire rapidamente e correggere le condizioni di coltivazione. Possiamo considerarli veri e propri segnali di allarme che, in alcuni casi, potrebbero rendere superfluo l'uso di prodotti chimici".

Diverse tipologie di biosensoriLinda Nooren - Delphy-1

Secondo Nooren, esistono diversi tipi di biosensori, ciascuno con un principio di funzionamento specifico. Ad esempio, i sensori sviluppati da Vivent Biosignals rilevano i segnali elettrici generati dalle piante. Questi dispositivi analizzano la risposta della pianta ai nutrienti essenziali, come azoto (N), fosforo (P), potassio (K) e calcio, nonché il suo fabbisogno idrico. Ciò avviene grazie allo studio della comunicazione cellulare mediante elettrofisiologia, una tecnologia impiegata anche in ambito medico, ad esempio negli elettrocardiogrammi.

"Inoltre, esistono i biosensori sviluppati da Plense Technologies, che catturano gli echi degli elementi presenti nella pianta. Anche questi segnali forniscono informazioni preziose", spiega Nooren. "Ci sono poi i biosensori di 2Grow, che analizzano il flusso di linfa e il diametro dello stelo. Ad esempio, una carenza di calcio, che rende la pianta più vulnerabile a malattie e parassiti, può essere individuata attraverso le variazioni del flusso di linfa. Anche la presenza del fungo Fusarium nelle radici può essere rilevata in questo modo. In sostanza, grazie ai biosensori, possiamo davvero 'comunicare' con la pianta".

Una lunga strada da percorrere

Una delle principali sfide, secondo Nooren, è interpretare correttamente i dati raccolti. "A volte il problema è evidente, ma spesso le cause non sono immediatamente chiare. Gli algoritmi associati ai biosensori devono essere addestrati a riconoscere queste anomalie. Devono essere in grado di indicare, a partire dai dati rilevati, se si tratta di stress idrico, di una malattia o di un'infestazione da parassiti. L’addestramento di questi algoritmi richiede tempo. Per questo motivo, l'uso dei biosensori è ancora agli esordi e per molti coltivatori rimane un concetto lontano. Tuttavia, le prospettive future in questo settore sono enormi".
Cock-website-380x223

Anche Cock van Bommel, responsabile dello sviluppo commerciale di ErfGoed, è d'accordo. "Questi sensori diventeranno le 'nuove mani esperte' dei coltivatori. Tuttavia, implementarli nelle aziende di piante in vaso e da aiuola sarà più complesso, poiché in questi contesti vengono coltivate molte specie diverse. Ogni pianta ha caratteristiche proprie, che devono essere interpretate correttamente. Da questo punto di vista, c'è ancora molta strada da fare. Ma una cosa è certa: più saremo in grado di misurare direttamente a livello della pianta, maggiore sarà il controllo sulla sua crescita, sulle malattie e sui parassiti, e quindi sulla sua salute".

Un microclima migliore con il sistema AirFlow

In sintesi, i biosensori offrono la possibilità di individuare tempestivamente i rischi per la coltivazione e la salute delle piante. Una volta rilevati questi rischi, è fondamentale agire rapidamente. Van Bommel spiega: "A quel punto è necessario adottare misure agronomiche per ridurre i rischi, come l’adattamento dell’irrigazione o della fertilizzazione e il miglioramento del microclima intorno alla pianta. Un microclima più attivo può contribuire in modo significativo a prevenire le infezioni fungine".

ErfGoed AirFlow (1)Il sistema AirFlow di ErfGoed aiuta a creare un microclima ottimale attorno alle piante. Il principio di funzionamento è semplice: l'aria della serra viene aspirata e convogliata attraverso una rete di tubi posizionati sotto il pavimento a flusso e riflusso. Questi tubi di distribuzione sono dotati di piccoli fori, attraverso i quali l’aria viene rilasciata nello strato di ghiaia e raggiunge direttamente la pianta. "In pratica, si soffia aria calda o fredda nella parte inferiore della coltura, tra i 30 e i 40 centimetri dal suolo, creando un flusso d’aria delicato. Questo stimola l’attività della pianta e migliora il microclima, riducendo così il rischio di infezioni fungine. Inoltre, il flusso d’aria accelera l’asciugatura delle piante", spiega Van Bommel.

A partire dalla 43ª settimana del 2024, Delphy sta conducendo un test sul sistema AirFlow presso Koppert Cress. Nooren conclude: "È ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive, ma è evidente che creare un microclima ottimale attorno alla pianta può aiutare a tenere sotto controllo malattie e parassiti. In quest’ottica, il sistema AirFlow potrebbe rivelarsi uno strumento molto prezioso".

 


ErfGoed

TORNA ALLA PANORAMICA